01.11.2024
Quattro pilastri essenziali per realizzarla: prossimità dei servizi, sostenibilità, equità e qualità della vita. Un modello urbano delle città dei 15 minuti. Tre i grandi modelli in Europa. In Italia nel abbiamo sei. Dettagli e possibilità di ulteriori sviluppi.
Immaginate una città dove ciascun abitante possa raggiungere in un quarto d’ora, a piedi o in bicicletta, tutto ciò di cui può aver bisogno nella vita quotidiana: supermercato, farmacia, parco, scuola, uffici postali. Utopia? Sì e no. Quella descritta, infatti, è la concretizzazione del concetto della città dei 15 minuti, ideata dall’urbanista Carlos Moreno, e che si basa su quattro pilastri: prossimità dei servizi, sostenibilità, equità e qualità della vita. Un approccio, questo, che in altri termini punta a ridisegnare lo spazio urbano per rendere i quartieri autosufficienti e dotati di tutti i servizi essenziali.
In Europa, per esempio, abbiamo tre grandi modelli: Parigi, che sotto la guida della sindaca Anne Hidalgo ha attuato diverse iniziative per migliorare la mobilità pedonale e potenziare l’offerta di servizi locali in ogni quartiere, Londra, che con le Low Traffic Neighborhoods ha ridotto il traffico veicolare nei centri urbani; e Barcellona con i suoi superblocks. E in Italia?
Secondo uno studio realizzato da Sony Computer Science Laboratories – Rome in collaborazione con La Sapienza e il Centro Ricerche Enrico Fermi e pubblicato su Nature Cities, sono sei le “città dei 15 minuti” italiane: Milano, Torino, Livorno, Genova, Bologna e Firenze hanno almeno il 90% della popolazione che può raggiungere servizi essenziali in meno di 15 minuti. Altre grandi città, come per esempio Roma e Napoli, garantiscono questa accessibilità rispettivamente al 71% e al 60% della popolazione.
Ma sarebbe davvero possibile applicare questo modello in più città? Secondo i ricercatori sì, anche se, naturalmente, non è pensabile adottare un unico approccio. Per esempio, in alcune città, una su tutte, Roma, si potrebbe ripensare alla distribuzione dei servizi essenziali, che spesso si trovano in abbondanza nelle aree più centrali ma mancano nelle aree periferiche. Allo stesso tempo, però, bisogna tenere in considerazione l’abbondanza dei siti archeologici e storici o di particolari conformazioni del territorio, che limitano la possibilità di intervento e modifica del tessuto urbano. Altro elemento chiave per la fattibilità, poi, è la densità abitativa, indispensabile per garantire il sostegno economico dei servizi locali.
Poi il fattore culturale: secondo una recente indagine dell’Istituto Superiore di Sanità diffusa in occasione della settimana europea della mobilità, solo 4 adulti su 10 decidono di spostarsi a piedi o in bicicletta per le attività quotidiane, mentre gli altri preferiscono veicoli a motore, a prescindere dalla distanza da percorrere.
E dunque emerge in tutta la sua potenza la difficoltà di eradicare le abitudini più consolidate, anche di fronte a una maggiore consapevolezza dell’impatto ambientale che ciascuno di noi genere nella quotidianità. Insomma, il modello della città dei 15 minuti non è utopio, e i suoi benefici sono concreti. Ma per una sua maggiore diffusione c’è ancora tanto da lavorare, anche sul piano culturale.